Un medico rimane medico per tutta la vita, anche quando va in pensione. La storia recente ha messo in evidenza ciò che sapevamo già ma a cui, forse, non riuscivamo a dare il giusto valore. La pandemia ci ha permesso di guardare oltre il camice bianco. E forse, proprio i medici in pensione richiamati in servizio, sono coloro ai quali non abbiamo detto “grazie” a sufficienza. Hanno affrontato rischi anagrafici supplementari e sono stati un esempio per i più giovani in corsia.
Il limite di età non ha mai segnato il momento in cui i medici in pensione hanno smesso di esercitare, in libera professione o al servizio di organizzazioni umanitarie come volontari. Le ultime stime indicherebbero che i pensionati attivi, fra i medici autonomi, rappresenterebbero circa il 56% del totale. Ecco perché i medici in pensione possono – e devono, se lo desiderano – continuare a lavorare. A determinate condizioni, però.
Medici in pensione: incarichi professionali e rispetto delle competenze
I medici in pensione possono lavorare anche all’interno di aziende sanitarie da liberi professionisti. Questo, per la sanità italiana, è un valore in termini numerici perché dà sollievo ai ritmi dei medici dipendenti. Guardando alla qualità del servizio e delle cure, la sfera di esperienza e di competenze che sono in grado di mettere in campo, tuttavia, ne innalza vertiginosamente la qualità.
Che si tratti di sostituire medici di base o fare guardie mediche, piuttosto che di dare supporto a chiamata presso Unità operative anche muovendosi sul territorio, di alleggerire il carico dei Pronto Soccorso oppure presidiare gli Hub Vaccinali, un medico in pensione può sottoscrivere un incarico professionale sartoriale.
Il contratto di un medico in pensione deve riconoscere il livello di specializzazione raggiunto e al tempo stesso le sue esigenze personali, perché la sua vita privata merita il necessario tempo di qualità che la condizione di pensionato concede ai lavoratori.
Medici in pensione: incarichi professionali e flessibilità oraria
Il camice bianco è una seconda pelle, un modo di essere e di stare nel mondo con orgoglio. È il vestito che ha fatto di un giovane medico, l’uomo che è diventato nell’età più matura. Noi siamo convinti che proprio quella divisa possa, dopo anni e anni di corsia, accogliere una nuova funzione: la flessibilità della scelta.
Il tempo libero è una meritata conquista. Se per un medico in pensione lavorare continua a rappresentare uno spazio di realizzazione e di gioia, il nostro invito è quello di scommettere su aziende e territori che siano in grado di garantire alti standard di qualità di vita.
Ci sono aziende sanitarie, come l’Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento, dove è possibile lavorare nei weekend, per godersi tutto il resto della settimana la meraviglia di territori contesi da turisti di tutto il mondo.
Medici in pensione: incarichi professionali e retribuzione
In Trentino la legge provinciale consente da anni il conferimento di incarichi professionali in campo sanitario. Il compenso percepito è ordinariamente cumulabile con il trattamento pensionistico, ad eccezione delle pensioni “quota 100” o “quota 102”, fatti salvi gli incarichi conferiti per far fronte all’emergenza covid che consentono il cumulo anche per queste ultime tipologie.
In base alla Legge n. 29/2021 e limitatamente alla sua vigenza (prorogata al 31/12/2023), gli incarichi “non covid” impongono per il solo personale cessato per vecchiaia di optare tra compenso e pensione. Ciò che permette a ogni medico in pensione, ancora una volta, di scegliere, a seconda delle proposte, il valore che riesce a dare ad ogni ora del suo servizio.
In Trentino il trattamento proposto, facendo salva la garanzia della flessibilità oraria, è di 80 euro/ora per le discipline individuate come carenti, ai quali si aggiunge una maggiorazione fino al 20% per le prestazioni negli ospedali di valle.
Ecco che, allora, per un medico senior, continuare a lavorare al tempo della pensione, può sì essere una missione ma anche una rinnovata opportunità personale e professionale.